Scrivo questo post per proporre una riflessione che ho compiuto riguardo all'università Rey Juan Carlos di Madrid (Comunicazione di Massa), dove sono in Erasmus. Sappiamo tutti, cari colleghi, le condizioni della nostra amata facoltà patavina, tra orari bislacchi, strutture "allegre" e corsi "discutibili". Quello che spesso molti lamentano è la mancanza di una vera e propria preparazione al mondo del lavoro, che permetta -anche a chi, come noi, sarà in possesso del titolo di laurea meno spendibile- di inserirsi nel mercato dopo aver terminato gli studi.
"L'università fornisce la preparazione teorica! La preparazione tecnica vi verrà fornita una volta iniziato il lavoro!": così si levano gli scudi del mondo accademico di fronte alle critiche di teorismo che gli sono rivolte. "E chi lo troverà mai un lavoro? Nessuno è disposto ad assumere un teorico, al giorno d'oggi!", rispondono schiere sempre folte di studenti sul piede di guerra.
E' un peccato non vedere, da un lato come dall'altro, come gli estremismi non portino da nessuna parte. Notiamo infatti come ci siano studenti che vorrebbero un'università impostata come scuola tecnica o corso professionale, così come cattedratici che non vedono altri sbocchi dello studio della comunicazione al di là dell'analisi semiologica.
Se da un lato è vero che una certa dose di preparazione tecnica è necessaria per saper quantomeno abbinare le conoscenze teoriche alla pratica, dall'altro non è sbagliato pensare che l'università debba offrire una solida base teorica, che nessun altro soggetto fornirebbe altrimenti (e che rappresenta -a mio avviso- il valore aggiunto rispetto ad un qualsiasi corso professionale, per quanto orientato alle professioni della comunicazione).
Ma passiamo al case-study concreto:
Nell'università URJC i corsi sono strutturati in modo da avere una serie di materie obbligatorie (teoriche e pratiche) ed alcuni corsi opzionali (circa il 30%) da cui scegliere in base al proprio gusto; tra gli opzionali sono presenti, oltre agli immancabili corsi di teoria, anche insegnamenti eccellenti per chi voglia intraprendere un percorso professionale immediato: pensiamo ad esempio ai corsi di Disegno Grafico (dove si apprende l'utilizzo dei software di disegno -vettoriale e non-), Fotografia Pubblicitaria, Postproduzione in video o ancora le varie Produzioni Pubblicitarie (in radio, tv, web o periodici, ognuno con un corso differente). Tutti i corsi "pratici" sono impartiti in strutture adeguate, con strumentazione professionale ed insegnanti provenienti dai livelli più alti del settore di riferimento (ma quest'ultimi sono una caratteristica comunqe anche all'Università di Padova). Una soluzione di questo genere è a mio parere utile per diversi motivi, che elencherò qui di seguito:
- Lo studente apprende ciò che il sistema universitario ritiene giusto insegnargli, ma il programma non è totalmente imposto: c'è un margine di tolleranza che gli permette libertà di scelta nello sviluppo dei propri interessi.
- Si crea un'ulteriore differenziazione dei laureati al di là del voto di laurea: analizzando i corsi seguiti un datore di lavoro può subito comprendere verso quali modelli lo studente sia orientato, cosa si presuma sia in grado di fare e che scelte abbia compiuto nel suo percorso di studi; anche se ciò potrebbe portare a distorsioni evidenti (ad esempio nel caso tutti seguissero i corsi "professionalizzanti" o "di moda"), il problema sarebbe contenuto comunque dalla preparazione garantita dai corsi standard, comunque la maggioranza del percorso di studi. Sono convinto che nessuno mi contraddirà se affermo che la differenza tra i 3 percorsi formativi dell'Università di Padova è meno sentita dalla comunità studentesca (e non) rispetto ad una maggior differenziazione teoria-pratica.
- Le conoscenze apprese durante il periodo universitario possono essere applicate immediatamente, senza dover aspettare di apprenderle una volta iniziato a lavorare; personalmente ritengo anche che, visto il maggior tempo a disposizione rispetto alla vita lavorativa, gli studenti più talentuosi potrebbero creare lavori (e mi riferisco in particolare ad opere grafiche ed audiovisive) che difficilmente troverebbero risorse sufficienti ad essere sviluppati nel periodo successivo, ipotizzando un impiego a tempo pieno. Grazie anche alla libertà di creare non per un fine economico, queste opere potrebbero rappresentare un bagaglio curriculare non indifferente da presentare un domani nel mercato del lavoro. La situazione attuale, in cui chi vuole apprendere la pratica è costretto a farlo da sè, non è certo d'aiuto nè agli studenti nè al mercato del lavoro.
- La possibilità di scegliere non scontenta nessuno: non obbliga gli studenti maggiormente interessati allo sviluppo teorico a seguire tutti i corsi pratici, nè il contrario. Rispetto a Padova, dove la situazione è indiscutibilmente sbilanciata in campo teorico (gli innumerevoli corsi di "Teorie e tecniche..." dove hanno lasciato le "Tecniche"?), è una conquista non indifferente.
- Anche nei corsi tecnici (opzionali o obbligatori), non è presente solo la tecnica; nei corsi di grafica, audio o video viene presentato tutto il background teorico che sottostà alla realizzazione vera e propria (normalmente una lezione delle due settimanali è dedicata alla sola teoria in aula), cosìcchè non si possa parlare di un corso "solo pratico".
E' inutile negare che soluzioni innovative richiedono investimenti non indifferenti, e che non è secondario il fatto che l'URJC abbia solo 10 anni di età; a partire dagli immobili, tutto è stato progettato con il fine ben preciso di unire teoria e tecnica (basti pensare allo studio radiofonico presente nel campus universitario, dove gli studenti effettuano il tirocinio), e non si è dovuta adattare la nuova facoltà alle strutture (come a Padova), bensì il contrario.
A questo punto potremmo però chiederci: perchè un'università prestigiosa ed antica come quella di Padova rischia di rimanere indietro con i tempi? Come mai non è stato effettuato un rinnovamento del modo di pensare, ancora prima delle strutture? E soprattutto, come risolvere la situazione per tornare competitivi? In virtù del numero chiuso di accesso alla Facoltà, ritengo che gli iscritti dovrebbero ottenere dei servizi in linea con le aspettative; è inutile prevedere 200 posti all'anno se nessuno degli studenti si laureerà sapendo cosa sia un pixel, così come immettere nel mercato quote che molti dicono maggiori di ciò che le professioni legate al settore necessitano; ben migliore sarebbe tarare il numero dei posti ogni anno in base alle strutture disponibili, garantendo però agli iscritti effettivi la fruizione di un equo numero di -veri- laboratori.