Buonanotte, buonanotte, fiorellino.
Ti guardavo nella brosema del mattino, incantato da quel pensiero gentile, mentre aprivi piano i petali per strappare un altro raggio al grande cerchio di polenta che sta in cielo. Ho continuato a pensarti per molta parte della giornata, mi ricordavi Lei, i vostri sorrisi sono uguali. Piccolo, coraggioso nel gambetto verde, ogni giorno fai un passo in più, vuoi scoprire il prato che hai attorno, ti senti in soggezione da quei grandi alberi secolari poco distanti, che qualche volta quando hai fame ti danno una mano, così come nonnismo al positivo. E cresci, cresci un poco ogni giorno, e di notte ti riposi parlando con le stelline, di sogni, d'affetto e di tutte le cose che hanno visto, e che ti raccontano. Rimani stupito a parlare con loro, pensi a cosa voglia dire poter vedere tutto l'universo, da così in alto. E cresci ancora, diventi alto, bello, i tuoi petali sono i più lucenti di tutto il prato, così lucidi nelle loro risonanze viola che hai costruito piano piano. Gli altri fiorellini e i ciuffi d'erba che ti hanno visto crescere ti danno la mano, e ogni giorno giocate al girotondo. E pensi che è bello essere un fiore, il fiore più bello. Fino a che un giorno una sciocca signora, nel suo ottuso buonismo mona, ti raccoglie per agghindarti ridicolamente nel suo vestitino borghese. Piangi, la sua cattiveria è pari a strappare gli occhi azzurri di un angelo da un mosaico, vorresti diventare allora il fiore più brutto per tornare almeno a terra e salutare i tuoi amici fiorellini e fili d'erba, e invece senti solo una grande stanchezza, che neanche ti accorgi di essere sbocciato su una nuvola, il più bello dei fiori ancora, a sorridere senza più sciocche signore in giro. E mentre la realtà scivola via, ancora buona notte, fiorellino.
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