Il destino è una brutta bestia
E' molto facile farsi illusioni. Troppo facile e troppo dannoso. Vivi mesi,
settimane, anni, con una certezza. Come se il destino ti debba e non possa non
concederti qualcosa, che pensi di meritare di diritto. Poi, in un secondo, tutto
va via, tutto si allontana, e tu rimani frastornato, colpito, ed una parte di te
ti dice che in verità nulla era certo, nulla era di dovuto, e che in realtà
l'avevi sempre saputo che non avresti potuto raggiungerlo.
Il calcio è un buon esempio. Prendete una grande squadra, che ha messo da parte
il campionato, che ha un organico stellare ed una buonissima prestazione, senza
contare la tecnica ed il buon ambiente. Ecco, questa squadra sta dominando tre a
zero la finale del torneo continentale, con la testa forse già al mare, forse
alla coppa, forse alla partita d'addio di qualcuno che ha fatto quattro
mondiali. Siamo a trenta minuti dalla fine. Il gioco è lento, ogni tanto
fioccano le occasioni per il quattro a zero. C'è stato un goal regolare
annullato, ma a nessuno importa. Anzi. La punta, quando sbaglia occasioni su
occasioni ridacchia. Ne avrei potuto fare uno in più, macchissene. Tanto,
abbiamo già vinto. L'avversaria, una squadretta arrivata fortunosamente in
finale non-si-sa-come, quinta nel suo campionato, con mezza squadra non
titolare, sta camminando nel campo svogliata, con la testa bassa. Ma è in
questo piccolo lasso di tempo che si consuma la tragedia. Un goal. Vabbè. 3 a
1, venticinque minuti alla fine. Addormentiamo il gioco e tutto-sotto-controllo.
Due goal. Oh Dio. Stiamo seri ragazzi. Chiudiamoli. Il pilastro di centrocampo
è costretto a fermare fallosamente una punta impazzita in area. Rigore. I cori
scendono, zittiti dalla realtà. La squadra sfigata ci crede. Parata. Ma la
punta ribatte. Il portiere è battuto. La squadra si rialza, dopo quei sei
maledetti minuti, e ci crede. Anche lei. La squadra che aveva alzato la testa la
rimette giù, non si fa più vedere, per quaranta minuti. E' un bombardamento. I
giocatori insistono, vogliono questo trofeo, lo vogliono e se lo meritano. Dio,
il mondo sa che se lo meritano. Quanto hanno faticato, nel ritiro d'agosto,
sotto la neve a febbraio, sotto i primi caldi di maggio, dietro a quella palla
in quel campo e in quella palestra. Le immagini ritornano. A qualcuno torna in
mente le quattro coppe alzate nella sua lunga carriera, a quella alzata da poco
più che bambino a quella alzata molto tempo dopo da capitano di quella squadra.
Ad un altro i cori del sud-america, le tre finali mondiali e le due coppe rimet,
ma sa che questa coppa è ancora più importante, per lui, che non l'ha mai
alzata. E c'è il ragazzo che non vuole rimanere una promessa non mantenuta e
che si spreca e che continua ad insistere. Inoltre c'è un uomo proveniente
dall'est, di poche parole, che non ci sta a perdere. No. Proprio non ci sta.
Davanti alla porta, solo, il portiere, un pirla che aveva preso tre goal al
mondiale, sbeffeggiato da tutto il mondo a più riprese. E' fatta. No. Proprio
il pirla compie il miracolo. Anzi. Due. Il destino sembra essere segnato.
Triplice fischio. I ragazzi vanno al dischetto già sconfitti. Il portiere
sfigato, davanti al portiere campione del mondo, non ha nulla da perdere. E' lui
che non teme. Anzi. Balla, innervosisce, ride, si muove davanti all'avversario.
Che gliene frega a lui, che ne ha prese tante, che ormai è convinto di essere
un brocco, che è panchinaro di uno che proprio Zoff non è. Uno. Due. E'
irritante. Brutto. Orribile da vedere. Come il tizio che gioca tutti i suoi
soldi alla roulette sul rosso. Convinto che uscirà rosso. Ed infatti esce
rosso. Il giocatore venuto dall'est cede. Non aveva ceduto due anni prima
davanti al Dio dei portieri. Cede oggi. Davanti ad il re delle papere. La
squadra sfigata è in festa. Lo squadrone piange. Una stagione buttata. A cosa
sono servite le corse sfiancanti, le ore in palestra, le settimane passate a
perfezionare di poco una punizione od un dribbling. A nulla. E gente che
tecnicamente vale un quarto di te tocca con le sue mani quella coppa, quella
coppa che si era sognata di notte. Le scuse abbondano. Ma la verità è questa.
La colpa non è loro. La colpa non è dei difensori né degli attaccanti che
hanno sbagliato tiri davanti alla rete.
La verità è che il destino, o chi per lui, è crudele. Ci sarà sempre il
tizio a fregarti il parcheggio, come ci sarà sempre l'imbecille che prende la
promozione perché cocco del capo e quello che prende trenta perché lava la
macchina al professore. E noi, come una delle più grandi squadre del mondo ci
dovremo convivere. Consci che una volta ci andrà bene anche a noi.
Rinnovo le condoglianze all'A.C. Milan: almeno noi della Juve siamo a due tacche
dalla terza stella!
3 Comments:
Naa.. il destino, secondo me, è l'invenzione di quegli uomini che non sanno dirigere la loro vita, e che non appena ne perdono il controllo vedono la mano del destino dietro ogni cosa..
Il destino non è crudele, sono stupide le persone che si rassegnano.
Ah, una cosa: scusate, è l'alcool.
"A cosa
sono servite le corse sfiancanti, le ore in palestra, le settimane passate a
perfezionare di poco una punizione od un dribbling."
Forse a guadagnare equamente lo 0,1% dello stipendio che prende ogni giocatore?
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